La storia che racconterò è una storia di passione e di amore per i motori e le quattro ruote.
Se in Italia dici passione per il Motorsport pensi subito a certi territori. La cosiddetta Motor Valley, nel territorio emiliano romagnolo, la regione in cui Enzo Ferrari creò la fabbrica di automobili da corsa più famosa e vincente al mondo. Oppure Monza e la Lombardia, dove l’automobilismo sportivo italiano è cresciuto e ha fatto la storia, dalla Mille Miglia ai Gran Premi di Formula Uno.
Eppure la febbre per le quattro ruote è stata sempre ben diffusa in tutta Italia, e agli albori dell’automobilismo sportivo le gare spuntavano come funghi in tutto il paese. Tanto che in pochi sanno o immaginano quanto l’automobilismo sportivo sia stato e sia tuttora patrimonio anche del meridione d’Italia.
La
Sicilia, così apparentemente lontana dall’epicentro del Motorsport italiano,
poteva vantare gare quali la Targa Florio, la corsa più antica del mondo. Poi il
Gran Premio del Mediterraneo o Gran Premio di Enna, gara di Formula Uno fuori
campionato che si corse sullo storico circuito di Pergusa tra il 1962 e il
1965, proseguendo fino al 2003 con vetture di formule diverse. Oppure il GP di
Siracusa, che si disputò dal 1951 al 1967 come apertura della stagione europea,
benché fuori dal campionato del mondo.
E, risalendo lo stivale, Napoli e la Campania hanno avuto un ruolo importante nell’automobilismo sportivo dagli anni ’30 agli anni ’60. Infatti, tra il 1933 e il 1939 si disputò la “Coppa Principessa del Piemonte”, su un lunghissimo anello stradale che attraversava Campania, Basilicata, Puglie e Molise, mentre dal 1948 al 1962 il circuito cittadino di Posillipo ospitò il Gran Premio Napoli, gara prima dedicata alle monoposto di formula 2, poi ai prototipi e dal 1954 alla Formula 1.
(Credits Vitadistile.com) |
La provincia di Napoli diede anche i natali alla prima pilota donna al mondo capace di qualificarsi ad un Gran Premio di Formula 1: Maria Teresa de Filippis partecipò al Gran Premio del Belgio 1958, terminando la gara in decima posizione.
Maria Teresa De Filippis (credits Getty Images) |
Dopo
gli anni ruggenti, l’automobilismo sportivo in Campania cominciò a soffrire della
mancanza di eventi di richiamo nazionale e internazionale, anche a causa delle
limitazioni dovute alla sicurezza. I percorsi stradali non andavano più bene e
piloti ed appassionati si allontanarono inesorabilmente in cerca di aree più
adatte nelle quali continuare con la propria passione. Di conseguenza tutti gli
artigiani dell’automobilismo da corsa scomparvero lentamente. Restarono le gare
in salita, che però rappresentavano una specialità di nicchia troppo poco
pubblicizzata e seguita.
Per gli appassionati degli anni '60 e primi anni '70 non c'era alcuna possibilità di provare occasionalmente il brivido della velocità con un qualcosa che somigliasse minimamente ad un mezzo da corsa. Il karting era agli albori, il noleggio non era contemplato. Chi voleva provarci doveva accontentarsi delle piste nei Luna Park, tipo l'Autopista del Sole nell'Edenlandia, il Parco dei Divertimenti di Napoli, all'epoca ancora il più famoso d'Italia. L'attrazione doveva essere persino considerata pericolosa, o le vetture elettriche troppo veloci, visto che l'accesso alle macchinine era vietato ai minori di 14 anni.
I piloti della domenica (è proprio il caso di definirli così) si sfidavano tra di loro, con parenti e amici che da fuori guardavano e tifavano come in un Gran Premio vero e proprio. E la fila per entrare era chilometrica. C'era una gran voglia di gareggiare sulle quattro ruote, e chi primeggiava in quelle mini gare tornava a casa molto soddisfatto. E magari il giorno dopo si sarebbe vantato delle sue qualità velocistiche con i colleghi al lavoro o gli amici al bar. Sognando di guidare una vera auto da corsa un giorno, magari proprio una Ferrari.
Poi arrivò il karting. Si trattava di un karting rudimentale, un’attività che ai suoi inizi fu alquanto avventurosa, con mezzi spesso autocostruiti e su piste di fortuna. Il karting però dava la possibilità, a chi ne avesse voglia, di provare il brivido della velocità a costi contenuti.
Negli
anni ’70 iniziarono a spuntare le prime piste artigianali. A Napoli si ricorda
una pista ai Camaldoli, un’altra a Licola, nell’area flegrea. Poi Caiazzo nel casertano
e poi le piste che nel tempo hanno fatto la storia del karting nazionale ed
internazionale, come il “Circuito Internazionale Del Volturno” di Limatola, il
“Circuito del Sele” di Battipaglia, la "Pista Italia" di Castel Volturno e il “Circuito Internazionale
Napoli” di Sarno, una pista quest’ultima divenuta famosa per le sfide
all’ultimo sorpasso di quei ragazzini che sarebbero diventati i migliori
talenti della Formula 1 del XXI secolo.
Questi
circuiti iniziarono anche a dare la possibilità agli appassionati di noleggiare
dei kart, che allora tutti chiamavano semplicemente go-kart. Adulti e ragazzi iniziarono così a immaginare di essere
per un giorno uguali ai piloti più famosi della Formula 1 su piste che la fame
di Motorsport faceva apparire loro come delle piccole Monza o Montecarlo. Beh,
i mezzi erano davvero molto rudimentali. Di solito una serie di tubolari con un
sediolino, quattro ruote ed un motore smontato da qualche moto-falciatrice.
Questi kart primordiali erano veramente lenti, ma all’epoca, a chi li provava, questi trabiccoli con quattro ruote e uno sterzo dovevano sembrare delle piccole auto da corsa, benché essi difficilmente raggiungessero i 50 km/h. In fondo il massimo della velocità per quei ragazzi era fino ad allora rappresentato dalle piste dei luna park, con macchinine elettriche su cui ci si sfidava sognando di essere Jackie Stewart o Emerson Fittipaldi.
È così che tanti appassionati sono diventati dei piloti in quegli anni.
Ma
diventare kartisti negli anni ’80 non era semplice. E non era neanche
economico.
(continua)
Nessun commento:
Posta un commento