lunedì 1 luglio 2024

NARRAZIONI E LUOGHI COMUNI INTORNO ALLA NAZIONALE DI CALCIO: FACT CHECKING

 

Photo credit Fanpage
“Per la nostra nazionale è importante passare il turno, perché l’Italia, una volta passati i gironi, si trasforma” (sentito prima di Italia-Croazia e subito dopo).

Eh no, il brutto anatroccolo ancora una volta non si è trasformato in cigno. In realtà questa affermazione è figlia della “Sindrome di Vigo”, patologia che colpì gran parte degli addetti ai lavori dopo il trionfo dell’Italia di Bearzot nei mondiali di Spagna 1982, patologia non eradicata e che sopravvive ancora. Allora le critiche, a volte divenute quasi insulti, partirono prima dell’inizio della manifestazione. Superfluo ricordarne i motivi, ma in tanti avevano archiviato e dimenticato quanto di buono quella nazionale aveva fatto nei 6 anni precedenti. Però l’Italia non fece nulla per far cambiare idea agli opinionisti, anzi. Nella prima fase giocò un girone carico di paura e i 3 pareggi che qualificarono l’Italia al turno successivo lasciavano presagire una catastrofe. Invece, smentendo tutte le più pessimistiche previsioni, arrivò il titolo mondiale. Ma quello del 1982 non fu un miracolo. Quella non era una cattiva nazionale, come la lettura dei 6 anni precedenti racconta. Comunque, nella storia della nazionale, resta un caso quasi unico, che possiamo associare solo alla nazionale di USA 1994, che però era accompagnata da ben altro sostegno da parte della critica.

I numeri raccontano che, da quando Europei e mondiali hanno una fase finale con un primo turno a gironi come la conosciamo oggi, l’Italia è stata presente per 15 volte alla fase a gironi nei mondiali (dal 1950 al 2014) e per 10 volte a quella degli europei (dal 1980 al 2024). Per 8 volte è stata eliminata direttamente ai gironi (6 ai mondiali e 2 agli europei), mentre per 10 volte è arrivata fino all’ultima partita, fosse essa la finalissima o la finale per il 3° e 4° posto. Per 3 volte ha vinto la competizione (due mondiali e un europeo), ma ciò che è importante sottolineare è che le 10 nazionali capaci di arrivare fino in fondo hanno quasi sempre giocato una buona, se non ottima, fase a gironi. Per 6 occasioni su 10 l’Italia è stata prima nel proprio gruppo, per tre volte a punteggio pieno, Le vere eccezioni, due, sono state le nazionali di Spagna ‘82, di cui abbiamo scritto, e di USA ’94, arrivata in finale da ripescata. Al contrario, ad una prima fase zoppicante, quasi mai è seguita una seconda fase brillante. Così è successo tutte le volte che la nazionale ha lasciato la manifestazione dopo la prima sfida ad eliminazione diretta, da Francia-Italia 2-0 di Messico ’86 fino a Svizzera-Italia 2-0 dell’altro giorno. Insomma, il buongiorno troppo spesso si è visto dal mattino. Forse è arrivato il momento giusto per mandare in soffitta la Sindrome di Vigo.


“Il calcio italiano è povero di talenti”

Pur trattandosi di una affermazione soggettiva, che torna ogni volta che la nazionale fallisce una manifestazione ed essere poi dimenticata quando invece si vince, per analizzarla meglio ci possono venire in aiuto le valutazioni delle rose delle 24 nazionali secondo il sito “transfermarkt.it”. La nazionale italiana è al settimo posto tra le squadre di Euro 2024, con un valore stimato di 705,5 milioni di euro. Prima dell’Italia ci sono Inghilterra, Francia, Portogallo, Spagna, Germania e Olanda. Delle squadre che ha incontrato l’Italia, solo la Spagna “vale” di più. L’Albania, battuta di misura, vale 111 milioni, la Croazia, raggiunta in extremis, circa 328 milioni, meno della metà dell’Italia, e la Svizzera, che ha umiliato gli azzurri, 281 milioni, poco più di un terzo.

È quindi lecito chiedersi a cosa siano dovute queste valutazioni se in nazionale non c‘è talento. La rosa scelta da Spalletti include ben 16 giocatori con un valore di mercato dai 20 milioni in su, da Zaccagni a Barella, che di milioni ne vale 80. I “talenti” svizzeri con valori analoghi sono appena cinque, e il più costoso è Akanji con 45 milioni, poco più della metà di Barella e 5 milioni in meno di Dimarco.

E nei prossimi giorni il calciomercato tornerà a convincerci che invece di talento ce ne è in abbondanza, tra richieste di aumenti contrattuali e ipervalutazioni in fase di compravendita. 


La Serie A è poco allenante

È un altro dei ritornelli che torna sempre quando la nazionale perde, la stessa nazionale che è considerata dalla Serie A un fastidio durante le pause del campionato.

Una Serie A che comunque ha portato le proprie squadre in ben 5 finali delle coppe europee su 6 negli ultimi due anni, gonfiando fieramente il petto per essere riuscita ad ottenere una quinta squadra nella prossima Champions League.

I calciatori di Serie A convocati nelle varie nazionali sono stati 103, esclusi i 20 che hanno vestito la maglia azzurra, ce n’erano altri 83. Non pochi per un campionato che non allena.


La Serie A è stancante e stressante

Tutti i maggiori campionati europei, eccetto la Bundesliga, hanno 20 squadre. Tutte le nazionali hanno in rosa un cospicuo numero di calciatori che hanno giocato le Coppe europee e il numero di partite dei top player di ciascuna nazionale è praticamente uguale.

Poi per ciò che riguarda il campionato italiano, vale quello che è stato già scritto per la Serie A poco allenante. C’è da aggiungere che buona parte degli 83 stranieri che giocano in Italia sono apparsi meno stanchi, più in forma e più coinvolti nel gioco rispetto ai 20 azzurri. La Svizzera che ha battuto l’Italia aveva in squadra 6 calciatori che giocano in Italia, 5 erano titolari e non sono sembrati per niente stanchi. È altresì doveroso ricordare che il miglior calciatore dell’Italia è stato Gianluigi Donnarumma, troppo spesso criticato per aver scelto di giocare all’estero. A parte i guadagni economici (leciti), è innegabile che abbia goduto anche di un guadagno in termini calcistici. È apparso come il giocatore con maggiore statura internazionale, di sicuro allenarsi con Messi, Mbappè, Neymar e Sergio Ramos ha aiutato la sua maturazione ad altissimi livelli. Forse varrebbe la pena chiedersi se la percentuale di nazionali italiani che giocano all’estero, appena l’11%, non sia una concausa dei problemi che la nostra nazionale incontra da anni. Alla luce delle difficoltà che di tanto in tanto incontra la stessa Inghilterra, la cui percentuale di nazionali che giocano in campionati diversi dalla Premier League è appena del 7,7%, questo fattore sembrerebbe avere un certo peso. E anche nella nazionale dei tre leoni i calciatori che possono essere decisivi sembrano essere quelli che giocano all’estero, Kane e Bellingham.

Come in tutti i lavori, le esperienze all’estero possono essere formative anche nel calcio, anche se siamo pronti a scandalizzarci quando un calciatore italiano sceglie di giocare in un altro campionato. In tutte le professioni, chi sceglie di andare all’estero lo fa spesso per guadagnare di più, ma uscire dalla comfort zone è anche un modo per maturare, confrontarsi e migliorare. 


Ci sono troppi stranieri in Serie A

Tra i maggiori campionati in Europa, la Serie A, con il 55%, è al quarto posto come percentuale di stranieri nella stagione appena terminata, dopo Inghilterra, Portogallo e Francia. Subito dopo c’è la Germania con il 48%. La Spagna è più in basso con il 39%. La storia recente della nazionale italiana pare però slegata dal numero di stranieri in Serie A, visto che nella stagione 2020-21, che portò l’Italia al titolo europeo, gli stranieri tesserati in Serie A erano 18 in più rispetto alla stagione appena terminata. E le due cose, se si guardano gli altri campionati, non sembrano avere una relazione così diretta. La conquista del posto in squadra da parte di un calciatore italiano dovrebbe essere invece frutto di una competizione che può far crescere il giocatore, abituandolo a lottare e giocare ai livelli più alti. La certezza del posto in squadra, figlio di una “quota” minima di italiani, non porta per forza ad avere una nazionale più forte e matura.


domenica 23 aprile 2023

C’ERA UNA VOLTA IL TIFOSO

Il mitico film tratto dal libro di Nick Hornby "Febbre a 90” bibbia di ogni tifosi di calcio

(pubblicato il 15 aprile 2022 da "Il Napolista")

Il calcio è cambiato, non torneremo più quelli di prima. Il tifoso passionale e credulone ha lasciato il posto a cinque nuove categorie del tifo, tutte a loro modo tristi

C’era una volta il tifoso. Quello strano tipo che durante la settimana soffriva come un cane in attesa della partita della propria squadra del cuore. Che ogni due settimane correva allo stadio sin dal primo mattino, attrezzato con “marenna”, sciarpa e talvolta bandierone, sperando che le proprie urla e i propri canti riuscissero a spingere quegli undici amatissimi calciatori verso la vittoria. Non contava quale fosse la posizione in classifica, allo stadio ci si andava e basta. E il più delle volte si tornava afoni. Gli otorinolaringoiatri hanno fatto affari d’oro con i tifosi.

Almeno fino a qualche anno fa.

Poi il tifoso passionale si è cominciato ad estinguere. Prima ci hanno pensato le pay tv a modificare l’antropologia del tifoso da stadio. Per mille motivi, alcuni anche giustissimi, molti tifosi si sono allontanati dagli stadi, centellinando le presenze e scegliendo le occasioni immancabili in calendari super-intasati. Per le altre partite ci pensa la tv. Poi sono arrivati i social, che sono lentamente diventati dei meccanismi infernali nei quali i tifosi, da urlatori appassionati di canti per la propria squadra, sono diventati tecnici, cronisti, critici e opinion leader o influencer che dir si voglia.

È così che nel tempo le categorie dei tifosi si sono polverizzate e divise in varie tipologie, di cui le principali sembrano essere:

Il tifoso tecnico. Questa figura è diffusissima. Dopo la partita sapeva già tutto prima. Conosce lo stato di forma di ogni calciatore, le sue caratteristiche e sa quali sono gli schemi migliori per la propria squadra pur senza mai aver studiato a Coverciano (e spesso senza mai aver giocato seriamente, se non a calcetto con gli amici). In particolare, a Napoli buona parte dei tifosi si ritiene esperta di calcio, ne ho sentiti alcuni farfugliare formazioni improbabili durante le infinite dirette telefoniche delle varie trasmissioni di radio e tv locali, formazioni anche di 12 o 13 calciatori, visto che Tizio deve giocare assolutamente e pure Caio. Senza però rinunciare a Sempronio, perché lui non può mai mancare. Il tifoso tecnico normalmente è sempre incazzato sui social, perché LUI LO SAPEVA che il Napoli non avrebbe vinto. Peccato che Spalletti abbia già il suo staff. Con l’aiuto di questi tifosi i 114 punti sarebbero ampiamente alla portata del Napoli.

Il tifoso “Playstation”. Parente strettissimo di quello tecnico. Lui dichiara in anticipo sui social la formazione che ritiene migliore, mette insieme giocatori alla rinfusa, pensando che il calcio vero sia come nella Playstation, in cui basta mettere in formazione i calciatori potenzialmente migliori per vincere. Infischiandosene dello stato di forma, dell’equilibrio in campo, degli avversari o di tutte le cose che solo un allenatore che osserva i propri uomini per sette giorni alla settimana può sapere.

Il tifoso “bollettaro”. Lui almeno una minima giustificazione ce l’ha. Oltre a fare il tifo per la propria squadra, fa il tifo per il proprio portafogli. Quando esisteva la schedina, e il papà ci chiedeva di aiutarlo a comporre almeno una colonna, guai a mettere la vittoria alle “squadre del Nord” o alle squadre “nemiche” in quella stagione. Era “paliatone” sicuro. Anche la schedina era un attestato di amore verso la propria squadra. Per il Napoli era sempre vittoria “perché se tengo 12 punti non posso pensare di diventare miliardario con una sconfitta del Napoli”. Ecco perché non si hanno notizie di tifosi del Napoli divenuti ricchi con il Totocalcio. Oggi è tutto diverso, il tifoso “bollettaro” esulta pure se la principale avversaria del Napoli vince, basta che lui ce l’abbia nella martingala. Non ne parliamo se poi mette il Napoli perdente. Lui se ne infischia, il giorno dopo mostra orgoglioso la propria bolletta vincente vantandosi di essere l’unico vero intenditore di calcio. Un tipo così non molti anni fa avrebbe rischiato il linciaggio, oggi diventa invece un punto di riferimento, soprattutto per la prossima tipologia di tifosi.

Il tifoso “fantacalcista”. Un po’ la summa dei tre tipi precedenti. Si ritiene molto tecnico, spesso gioca a Playstation e poi di solito ha anche una grande esperienza di “bollette”. Ha un ego infinito e aspetta il lunedì per mostrare agli amici la performance della sua fanta-formazione. Segue il Napoli in quanto tifoso, però sta tutto il tempo con lo smartphone in mano per sapere cosa fanno i componenti della sua fanta-squadra. Non si vergogna assolutamente di urlare a un gol di Dzeko o Vlahovic, oppure dopo un rigore parato da Handanovic, Szczęsny o Maignan. “Bbuono! O’ tengo o’ fantacalcio!”, è la sua autogiustificazione. Non molti anni fa tifosi simili avrebbero rischiato di essere passati per le armi.

Il tifoso “rivendicazionista”. L’ultimo della lista, ma in realtà è il più finto tra i tifosi. Le altre quattro categorie possono far sorridere, in fondo sono guidate tutte da un’innocenza di fondo. Il rivendicazionista no, lui tifa per sé stesso e per le proprie opinioni, spesso espresse ad inizio stagione sui social network e quindi incise nella pietra e mai più modificabili. È spesso creatore di gruppi social con slogan definitivi, siano essi favorevoli o sfavorevoli al Napoli. Il tifoso rivendicazionista si sente opinion leader, influencer di altri tifosi. Sovente si presenta come “responsabile di questo o quel gruppo Facebook”, quasi a dare un’importanza capitale alla propria opinione rispetto a quella altrui. Se ha avuto la scelleratezza di dichiarare che la stagione del Napoli sarà fallimentare non cambierà opinione neanche quando l’annata va a gonfie vele. Lui aspetta nell’ombra, scompare nel nulla quando la squadra va bene, riappare all’improvviso ad ogni mancata vittoria. Lui sa sempre dove sono le colpe, probabilmente la principale è sempre quella di non aver consultato lui durante il calciomercato, durante il ritiro precampionato e prima di ogni partita. Lui è la distorsione totale dell’essere tifoso. Non ha alcun titolo per esprimere opinioni più autorevoli di quelle altrui, ma spesso ha un seguito. Il perché resta un mistero.

Al di là dell’ironia e delle eventuali amare verità, la domanda sul perché il tifoso del ventunesimo secolo abbia subìto tale evoluzione non ha una risposta certa. Di sicuro quanto scritto da Massimiliano Gallo in quest’articolo è pieno di verità. Ci piaccia o no.

Non torneremo più quelli di prima, il calcio è cambiato e anche il modo di fruire dello spettacolo non è più lo stesso. Ma sarebbe bello se una volta ogni tanto facessimo i tifosi senza se e senza ma. Almeno fin quando il campionato non decreta le sue sentenze definitive.

Poi dopo magari decidiamo se vogliamo ancora amare incondizionatamente la nostra squadra, se vogliamo invece essere critici, o smettere addirittura di tifare.

sabato 8 aprile 2023

"NAPOLI SIAMO NOI". QUELLA PARTE DI NAPOLI A CUI NEANCHE VINCERE BASTA PIÙ.

 

Il re è nudo.

I comunicati recenti e i cori contro De Laurentiis hanno scoperchiato quello che tanti di noi già sapevano. Ovvero che i gruppi organizzati odiano il presidente del Napoli principalmente perché ha tagliato tutti i privilegi a chi credeva che quello dell'ultrà fosse un mestiere, con tanto di retribuzione fatta da mazzette, biglietti e priorità.

Perché i tifosi organizzati, in tutti gli stadi, credono davvero che la squadra sia di loro proprietà.

Questo concetto distorto ha fatto sì che gli ultras siano stati sempre e ovunque coccolati, non solo a Napoli. Pian piano le coccole si trasformano in ricatto e sappiamo bene quante società sono state e sono ancora sotto scacco degli ultras.

Il Napoli ha messo in campo un banalissimo concetto: i tifosi sono tutti uguali, non esistono priorità e privilegi, e i biglietti vanno a chi li compra per primo, come in qualsiasi spettacolo del mondo. E che la società è di chi l'ha acquistata.

Sono anni che provano a trascinarsi dietro la gran parte dei tifosi del Napoli, e in tanti ci sono cascati. Slogan come quelli del presidente che non vuole vincere, quello del papponismo (che poi è l'esatto contrario della realtà, perché quelli che approfittano dell'amore del Napoli per fare soldi sono ben altri) si sciolgono come neve al sole di fronte alle prestazioni di un Napoli che costituisce da anni la squadra forse più bella e più forte del panorama italiano, e se lo scudetto non è ancora arrivato è stato per piccoli dettaglianche per fattori che oseremmo definire un po' lontani dai campi di calcio.

Quest'estate gli eterni “oppositori” pensavano di vincere facile, dopo l'addio dei giocatori definiti più forti hanno cominciato a martellare pesantemente portandosi dietro una buona parte dei tifosi napoletani. Pensavano che questa volta ci fosse poco da fare e che di fronte a dei risultati che loro si aspettavano pessimi avrebbero costretto De Laurentiis a lasciar perdere il Napoli. Mai e poi mai si aspettavano che proprio quest'anno, per una serie di congiunzioni astrali, chiamiamole così, si ritrovassero tra incudine e martello. Ora sono in gabbia, sono messi di fronte alla realtà e reagiscono urlanti riportando in vita slogan che una volta potevano anche fare proseliti. E che invece, di fronte ai fatti, fanno solo sorridere e sembrano vecchie cantilene del passato senza più significato. 

Persino gridare "Napoli siamo noi" e continuare a chiamare De Laurentiis "il romano", proprio per rimarcare le distanze tra lui e la città, o meglio, tra lui e loro, ormai sembra non fare più presa.

Bisognerebbe però chiedere conto a tutta quella fetta di tifoseria napoletana, anche a quella borghesia che ha sempre mal sopportato De Laurentiis, di tutte le critiche e tutti i distinguo degli ultimi anni. Anche quando il Napoli lottava spalla a spalla con la Juventus per i massimi traguardi. Perché la malapianta della contestazione nella città di Napoli è sempre difficile da recidere, e sono certo che già nella prossima stagione, non appena qualcosa dovesse andare storto, in un modo o nell'altro si ricomincerà.

Ecco perché auguro a Spalletti di vincere tutto il possibile e di andare via da trionfatore.

mercoledì 29 marzo 2023

I BIGLIETTI DEL NAPOLI SONO CARI RISPETTO AL PASSATO? FACT CHECKING PER I TIFOSI PIÙ GIOVANI E PER QUELLI CHE NON RICORDANO.

 

Credit immagine: Il Napolista del 08 agosto 2017

Proteste di molti tifosi napoletani (soprattutto via social, in verità) per il prezzo dei biglietti del Maradona. Questa volta sono i prezzi per Napoli-Milan, quarti di Champions League, ad essere nel mirino (minimo €72, massimo circa €300). Pur essendo gli stessi abbondantemente all’interno delle medie europee (e sotto quelle italiane per partite di pari importanza), molti napoletani si appigliano alla crisi economica per lamentarsi, come se non ci fossero 50.000 esseri umani, tra Napoli e provincia, in grado di spendere tra i 72 e i 300 euro richiesti.

“Ma il calcio è uno sport popolare”, dicono.

È vero, e molto prima che le leggi di mercato la facessero da padrone, precisamente fino agli anni ’80, c’era una legge dello Stato che limitava il prezzo dei settori popolari prima a 2.200, poi successivamente a 3.500, fino a 4.500 lire (meno del cinema, tanto per fare un paragone). Erano gli unici settori con prezzo calmierato per legge. E le società non potevano aumentarlo, pena sanzioni.

Anche gli abbonamenti erano soggetti alle stesse regole. Ma il primo ad aggirare questa legge fu proprio Corrado Ferlaino, la cui gestione è spesso celebrata da certi tifosi napoletani come antitesi della presunta lontananza dai desideri dei tifosi da parte di Aurelio De Laurentiis. Infatti, nel 1984, grazie ad uno stratagemma ideato da Antonio Pinelli, mente finanziaria del Napoli di allora, la Società Calcio Napoli, fresca dell’acquisto di Diego Maradona, si inventò la Quota ATCN (acronimo che stava per Associazione Tifosi Calcio Napoli), sbandierata come una sorta di quota di azionariato popolare, definita volontaria all’atto della sua istituzione, ma che senza la quale non era possibile acquistare quell’abbonamento che permetteva di godere delle gesta di D10S all’allora San Paolo.

Il bello è che le quote erano variabili in funzione del settore prescelto. Così i prezzi ufficiali si presentavano più bassi, visto che la destinazione delle quote doveva essere per iniziative a favore dei tifosi del Napoli e non era conteggiata ai fini di un ulteriore guadagno della società. Ma, in realtà, la cifra pagata dai tifosi era una delle più alte in Italia, anche se nei conteggi ufficiali degli incassi la quota addizionale ATCN era trasparente, facendo sì che nelle statistiche delle società di Serie A il costo dell'abbonamento apparisse più abbordabile di quanto fosse. 

Alla fine del ciclo di Maradona, tale quota fu oggetto di indagine per la presunta cessione proprio alla Società Calcio Napoli delle quote (circa 35 miliardi di lire) sugli abbonamenti acquistati (tra il 1986 e il 1994) attraverso la concessionaria di vendita, soldi che invece sarebbero dovuti essere destinati all’associazione ATCN. L’indagine finì poi in un nulla di fatto.

Credit immagine: 10maggio1987.it

Oggi come oggi, l’unico paragone possibile tra la partita del 18 aprile prossimo ed una dell’epoca di Ferlaino & Maradona, almeno come attrattiva, è quello con il primo turno della Coppa dei Campioni 1987-88, giocato al San Paolo il 30 settembre 1987 contro il Real Madrid. Bene, il prezzo di allora fu di Lire 27.500 per le curve, ben oltre tutti i prezzi dell’epoca per un settore popolare. I biglietti andarono esauriti in un amen, e nessuno si lamentò. Questo malgrado le chance di qualificazione degli azzurri fossero francamente ridotte, visto lo 0-2 dell’andata a Madrid. 

L’incasso di allora sfiorò i 5 miliardi di lire, per un numero di spettatori che superò di gran lunga i numeri ufficiali di 83.827 presenti. Si narra che in realtà allo stadio quella sera entrarono in 100.000. Molti gradoni (non c’erano ancora i sediolini) avevano 2 file di spettatori (testimonianza personale diretta), e i gradini delle scale di accesso ai settori erano tutti occupati da spettatori. Per la cronaca, la cifra incassata dal Napoli di Ferlaino, rivalutata al conio attuale, corrisponderebbe a quasi 6 milioni di euro del 2023.

Di fronte alle lamentele attuali, va anche ricordato che, per preservare la vendita dei biglietti, all’epoca non era garantita la diretta TV per le zone della squadra di casa, fino ad eventuale autorizzazione della società ospitante, della Lega Calcio o delle autorità. Quindi il tifoso aveva poco da scegliere. O comprava il biglietto per la partita o rischiava di seguirla solo alla radio. Di solito lo sblocco avveniva quando si raggiungeva il tutto esaurito, proprio per evitare che i tifosi, invece di correre allo stadio (cosa comunque rara per la Napoli dell’epoca), scegliessero di vedere la partita comodamente dal divano di casa, sui favolosi TV Color catodici da (massimo) 27 pollici dell’epoca. Una volta garantito l’incasso, o se la Prefettura emetteva l’ordine di trasmettere la partita per motivi di ordine pubblico, arrivava il via libera per la diretta TV anche nella zona della squadra di casa.

Oggi questo problema non solo non c’è, ma Napoli-Milan del 18 aprile sarà trasmessa in diretta non solo da una TV a pagamento, ma probabilmente anche in chiaro da Mediaset.

Nessun diritto dei tifosi sarà leso, e non ci sarà nessun prezzo da pagare.

E quindi, chi se la sente di spendere un centinaio di euro o più per andare allo stadio lo faccia pure. Gli altri stiano comodamente davanti ai maxischermi a LED Ultra HD, da 50 pollici in su, con tanto di sound bar con altoparlanti dal suono realistico, che arredano i salotti moderni.

Magari senza inveire contro una società di calcio che non fa altro che applicare le più banali leggi di mercato.

sabato 3 dicembre 2022

MONDIALI QATAR 2022: TUTTI I NUMERI DELLA PRIMA FASE

Quella che segue è una raccolta di numeri, statistiche e storie della prima fase dei campionati del mondo di calcio del 2022 in Qatar. Molti di questi dati sono stati pubblicati dalla newsletter sportiva “Lo Slalom”, di Angelo Carotenuto, che ringrazio per la gentile ospitalità all’interno della sua creatura editoriale. 

LA MALEDIZIONE DEL PUNTEGGIO PIENO

 

Le tre squadre che si presentavano all’ultimo turno dei gironi di qualificazione con due vittorie su due (Francia, Portogallo e Brasile) hanno tutte perso. Forse hanno provato a scansare la maledizione del punteggio pieno, che ha spesso colpito ai mondiali le squadre che vincevano tutte le prime tre partite ai gironi. È la quarta volta che ciò accade dal 1958 in poi, ovvero da quando esistono i gruppi di qualificazione con 4 squadre e 6 partite. Gli altri tre mondiali senza vincitori a punteggio pieno sono stati Svezia 1958, Cile 1962 e USA 1994.

Tra le 29 nazionali che hanno concluso il proprio girone vincendo tutte le partite, solo il Brasile nel 1970, la Francia nel 1998 e ancora il Brasile nel 2002 hanno portato a casa la Coppa.

Quelle che, pur vincendo il proprio girone a punteggio pieno, hanno invece fallito la conquista del trofeo sono state:

·       Brasile, altre 4 volte (1982, 1986, 1990, 2006)
·       Argentina 3 volte (1998, 2010, 2014)
·  Belgio (2014, 2018), Germania (1970, 2006), Italia (1978 e 1990), Olanda (2010, 2014), Portogallo (1966, 2006) e Spagna (2002, 2006) per 2 volte
·  Colombia (2014), Croazia (2018), Danimarca (1986), Inghilterra (1982), Polonia (1974), URSS (1966) e Uruguay (2018) per 1 volta 

GLI OTTAVI DI FINALE

Non solo tutte le confederazioni sono presenti agli ottavi di finale, ma anche tutti i continenti. Nord America, Sudamerica, Europa, Asia, Africa e Oceania tutte insieme non le avevamo mai viste. 
L’Europa fa la parte del leone negli ottavi di finale, con 8 squadre qualificate. Asia, Africa e Sudamerica hanno due nazionali a testa, mentre Nord America e Oceania ne hanno portata una a testa.
Se però confrontiamo in termini percentuali le squadre qualificate in rapporto a quelle presenti al primo turno, l’Europa regredisce rispetto all’edizione di Russia 2018. Infatti 4 anni fa le qualificate furono 10 su 14 (71,4%), mentre in Qatar sono state 8 su 13 (61,5%).

Comunque la percentuale del 2022 non si discosta dalla media generale delle ultime 7 edizioni (quelle con 32 squadre) che è pari al 60,8 % delle squadre europee qualificate agli ottavi di finale.
Dal 1998 in poi, la performance generale della confederazione del Sudamerica (CONMEBOL) è stata la migliore: 71,4%, mentre la CONCACAF (Centro e Nord America), ha portato agli ottavi mediamente (e forse sorprendentemente) il 45,8% delle sue nazionali. Asia e Africa sono invece entrambe attestate sul 23% circa delle proprie squadre qualificate al secondo turno.

LE 16 QUALIFICATE
 

L’Olanda si è qualificata al secondo turno per la nona volta in undici partecipazioni ai mondiali. In 4 occasioni è arrivata alle semifinali, con tre finali disputate e perse. 

Anche per gli Stati Uniti d’America le partecipazioni ad una fase finale sono state 11, ma il superamento del primo turno è avvenuto solo in 5 occasioni, con il terzo posto del 1930 come miglior risultato. 

Nei precedenti tra le due nazionali, l'Olanda ha un saldo positivo nei confronti degli Stati Uniti di quattro vittorie e una sconfitta, dieci gol fatti e cinque subiti. 

L’ultimo incontro tra le due nazionali risale ad una amichevole di giugno 2015, vinta dagli USA per 4-3 all’Amsterdam Arena. 

Le due squadre non si sono mai incontrate ai campionati del mondo.

L’Argentina si è qualificata al secondo turno per la 14ma volta su 18 partecipazioni. 

L’Australia ha superato la fase a gironi per la seconda volta in 6 partecipazioni. Nell’unica volta in cui passarono il primo turno, gli australiani furono sconfitti dall’Italia per 0-1 nei mondiali di Germania 2006. 
Argentina ed Australia si sono incontrate 7 volte, l’ultima volta in amichevole a Melbourne nel 2007 e vinse l’Argentina per 1-0. l bilancio è favorevole alla nazionale albiceleste con 5 vittorie contro una australiana, uno solo il pareggio. 
Le due nazionali non si sono mai incontrate in una fase finale dei mondiali, anche se hanno giocato una doppia sfida di spareggio CONCACAF/OFC-CONMEBOL per l’accesso ai mondiali 1994Passò l’Argentina pareggiando 1-1 all’andata a Sidney e vincendo 17 giorni dopo a Buenos Aires per 1-0.

 

 
La partita degli ottavi della Polonia contro la Francia sarà appena la quarta ad eliminazione diretta mai giocata dai polacchi ai mondiali. La Polonia non accedeva al secondo turno da Messico 1986, dove si fermò subito agli ottavi di finale perdendo contro il Brasile per 0-4. Le altre due partite da dentro o fuori furono il primo turno nei mondiali 1938, perso 5-6 ai supplementari contro il Brasile, e la semifinale del 1982, persa 0-2 contro l’Italia. Nelle altre tre occasioni in cui la Polonia ha superato la fase a gironi (tra il 1974 e il 1982), le partite successive non erano ad eliminazione diretta, ma inserite in nuovi gironi all’italiana. 
Dal 1950 in poi, è l’ottava volta (su tredici partecipazioni) che la Francia passa la fase a gironi. Nelle 7 occasioni precedenti solo una volta si è fermata ai quarti di finale (2014). Nelle altre 6 ha vinto 2 volte, una volta è arrivata in finale e tre volte in semifinale. 
Francia e Polonia si sono incontrate 16 volte, l’ultima volta in un’amichevole a Danzica nel 2011 e vinse la Francia per 1-0. Il bilancio è favorevole ai transalpini con 8 vittorie contro 3 polacche, 5 i pareggi. 
Le due nazionali si sono incontrate una sola volta ai mondiali: finì 3-2 per i polacchi nella finale per il 3° e 4° posto a Spagna 1982.

 
È la 13ma volta, su 16 partecipazioni, che l’Inghilterra supera il primo turno ai mondiali. Oltre alla vittoria in casa nel 1966, gli inglesi vantano 2 quarti posti. 
Il Senegal supera i gironi per la seconda volta in tre partecipazioni ai mondiali.
Non ci sono precedenti tra le nazionali di Inghilterra e Senegal. 

  
Il Giappone ha superato per la quarta volta il primo turno su sette partecipazioni alle fasi finali dei mondiali, tutte consecutive tra il 1998 e il 2022. La sua corsa si è sempre fermata agli ottavi di finale. Per la Croazia è la terza qualificazione agli ottavi su sei partecipazioni alla fase finale di un mondiale. Nelle altre due occasioni è finita una volta seconda e una volta terza. Per la serie “o tutto o niente”. 
Solo 3 i precedenti tra Giappone e Croazia, con un bilancio pari (una vittoria a testa e un pareggio). 
Due di queste tre partite sono state giocate in fasi finali dei mondiali. Il primo precedente risale alla seconda partita del Gruppo H dei mondiali di Francia 1998 e finì 1-0 per i croati, che passarono il turno, mentre i nipponici tornarono a casa con zero punti. Il più recente fu in Germania 2006 nella seconda giornata del Gruppo F e fu uno 0-0 che eliminò entrambe le nazionali.

  

Il Brasile procede (unica nazionale nella storia dei mondiali) con il suo filotto di qualificazioni al secondo turno, iniziato nel 1970 e arrivato a 14 consecutive, per un totale di 19 su 22 partecipazioni, l’86%. 
La Corea del Sud raggiunge gli ottavi di finale per la terza volta su 11 partecipazioni al mondiale, di cui le ultime 10 tutte consecutive. Le due precedenti qualificazioni al tabellone del dentro o fuori hanno portato ad un quarto posto nel mondiale di casa del 2002 e ad una eliminazione agli ottavi a Sudafrica 2010, causata proprio da quell’Uruguay che i coreani hanno fatto piangere in Qatar. 
Sono 7 i precedenti tra Brasile e Corea del Sud, con un bilancio nettamente favorevole ai Carioca: 6 vittorie contro una. L’ultimo incontro tra le due nazionali è molto recente, si è giocato a giugno a Seul e il Brasile ha vinto 5-1.  
Le due squadre non si sono mai incontrate ai mondiali. 

 
Seconda volta agli ottavi di finale di un mondiale per il Marocco, dopo il primo posto nel gruppo F a Messico 1986. Il Marocco allora uscì sconfitto dalla Germania Ovest per 0-1, con un gol di Matthäus a 3 minuti dalla fine. Dopo il Senegal, il Marocco è la seconda nazionale africana a passare i gruppi di qualificazione in questo mondiale. In Qatar è stato eguagliato il record di Brasile 2014, che vide le qualificazioni agli ottavi di Algeria e Nigeria. 
In tre mondiali tra gli ultimi quattro la Spagna ha perso almeno una partita dei gironi di qualificazione. Una nel 2010, senza che ciò le impedisse di diventare poi campione del mondo. Due nel 2014 (con annessa eliminazione) e una nel 2022. Nelle dieci precedenti occasioni in cui ha superato il primo turno, la Spagna è riuscita solo due volte a finire tra le prime quattro: quarta nel 1950 e campione nel 2010. Nonostante la vicinanza geografica, Marocco e Spagna si sono incontrate solo tre volte, l’ultima proprio nei mondiali del 2018 in Russia, con un 2-2 mozzafiato nell’ultima partita del gruppo B (pareggio della Spagna di Iago Aspas al 91’). Il bilancio è favorevole agli iberici con 2 vittorie e un pareggio. La partita del 2018 è l’unico precedente tra le due nazionali nella fase finale di un mondiale. 

 
Il Portogallo ha superato per la quinta volta, in otto partecipazioni ai mondiali, lo scoglio dei gironi eliminatori. Nelle precedenti quattro occasioni, per 2 volte si è fermato agli ottavi e per due volte è stato semifinalista, chiudendo da terzo nel 1966 e da quarto nel 2006. 
La Svizzera ha conquistato la sua terza qualificazione consecutiva al tabellone finale. In totale gli elvetici hanno superato il primo turno 8 volte in 12 partecipazioni. Nelle ultime 4 occasioni si sono fermati agli ottavi di finale, mentre le prime 3 volte erano arrivati ai quarti. Però l’ultima volta che ciò è accaduto era nel 1954, nei mondiali giocati proprio in Svizzera. 
Ben 25 i precedenti tra Portogallo e Svizzera. Gli elvetici sono in vantaggio con 11 vittorie contro 9, più 5 pareggi. L’ultima sfida risale a giugno di quest’anno, con la vittoria della Svizzera per 1-0 nella quarta giornata del Gruppo 2, Lega A della Nations League 2022-23. 
Le due nazionali non si sono mai incontrate nella fase finale dei mondiali. 

GLI SCONFITTI 

Per la prima volta la squadra di casa ha perso tutte le partite, il Qatar ha chiuso a zero punti e per fortuna ha segnato almeno un gol. È dal 1998 che il Paese organizzatore non solo non vince il mondiale, ma non arriva neanche in finale. Nelle ultime sei edizioni: tre semifinali, un quarto di finale e due eliminazioni al primo turno. Nei primi 16 Mondiali, il vantaggio di giocare in casa aveva portato sei volte a vincere la Coppa e altre due a raggiungere la finale [il 50 percento di successo]. Nel XXI secolo invece ospitare il torneo non dà più alcuna certezza in termini di risultati.  

Il Messico non è riuscito a superare la fase a gironi per la prima volta dopo sette qualificazioni consecutive agli ottavi di finale tra il 1994 e il 2018. La sua migliore prestazione resta l’approdo ai quarti di finale nel mondiale di casa nel 1986, dopo aver vinto il proprio girone e battuto la Bulgaria per 2-0 negli ottavi di finale. 

Seconda eliminazione consecutiva al primo turno di un mondiale per la Germania. Superfluo aggiungere che non era mai successo prima. L’unica volta che si era verificato un simile evento in una grande manifestazione fu tra il 2000 e il 2004, con la doppia eliminazione al primo turno dei campionati europei, inframmezzata però da un secondo posto nei mondiali 2002. Invece in mezzo a quest’ultima doppia eliminazione al primo turno dei mondiali 2018 e 2022 c’è stato solo un ottavo di finale ad Euro 2020, perso contro l’Inghilterra per 0-2. 

Il Belgio torna a casa e chiude il suo ciclo con dei record molto particolari: nei due precedenti mondiali era riuscito a vincere 10 partite su 12, perdendo per due volte solo quella decisiva, una volta ai quarti di finale nel 2014 contro l’Argentina e l’altra in semifinale nel 2018 contro la Francia. Analoga sorte negli ultimi due campionati europei: 7 vittorie su 10 e due sconfitte decisive ai quarti di finale. La prima volta nel 2016 contro il Galles e la seconda volta nel 2021 contro l’Italia. Un totale di 17 vittorie su 22 partite senza portare alcun trofeo a casa. Forse è per questo che questa nazionale è stata soprannominata la grande incompiuta. L’amaro epilogo in Qatar con una vittoria, una sconfitta ed un inutile pareggio contro la Croazia. 

IL RIASSUNTO DELLA PRIMA FASE

In una ideale classifica di merito dei gruppi di qualificazione, l’Inghilterra è stata quella che si è finora meglio comportata in Qatar. La classifica in basso tiene conto, nell’ordine, di: 

·       posizione in classifica nel proprio girone
·       punti fatti
·       differenza reti
·       numero di gol segnati