domenica 23 aprile 2023

C’ERA UNA VOLTA IL TIFOSO

Il mitico film tratto dal libro di Nick Hornby "Febbre a 90” bibbia di ogni tifosi di calcio

(pubblicato il 15 aprile 2022 da "Il Napolista")

Il calcio è cambiato, non torneremo più quelli di prima. Il tifoso passionale e credulone ha lasciato il posto a cinque nuove categorie del tifo, tutte a loro modo tristi

C’era una volta il tifoso. Quello strano tipo che durante la settimana soffriva come un cane in attesa della partita della propria squadra del cuore. Che ogni due settimane correva allo stadio sin dal primo mattino, attrezzato con “marenna”, sciarpa e talvolta bandierone, sperando che le proprie urla e i propri canti riuscissero a spingere quegli undici amatissimi calciatori verso la vittoria. Non contava quale fosse la posizione in classifica, allo stadio ci si andava e basta. E il più delle volte si tornava afoni. Gli otorinolaringoiatri hanno fatto affari d’oro con i tifosi.

Almeno fino a qualche anno fa.

Poi il tifoso passionale si è cominciato ad estinguere. Prima ci hanno pensato le pay tv a modificare l’antropologia del tifoso da stadio. Per mille motivi, alcuni anche giustissimi, molti tifosi si sono allontanati dagli stadi, centellinando le presenze e scegliendo le occasioni immancabili in calendari super-intasati. Per le altre partite ci pensa la tv. Poi sono arrivati i social, che sono lentamente diventati dei meccanismi infernali nei quali i tifosi, da urlatori appassionati di canti per la propria squadra, sono diventati tecnici, cronisti, critici e opinion leader o influencer che dir si voglia.

È così che nel tempo le categorie dei tifosi si sono polverizzate e divise in varie tipologie, di cui le principali sembrano essere:

Il tifoso tecnico. Questa figura è diffusissima. Dopo la partita sapeva già tutto prima. Conosce lo stato di forma di ogni calciatore, le sue caratteristiche e sa quali sono gli schemi migliori per la propria squadra pur senza mai aver studiato a Coverciano (e spesso senza mai aver giocato seriamente, se non a calcetto con gli amici). In particolare, a Napoli buona parte dei tifosi si ritiene esperta di calcio, ne ho sentiti alcuni farfugliare formazioni improbabili durante le infinite dirette telefoniche delle varie trasmissioni di radio e tv locali, formazioni anche di 12 o 13 calciatori, visto che Tizio deve giocare assolutamente e pure Caio. Senza però rinunciare a Sempronio, perché lui non può mai mancare. Il tifoso tecnico normalmente è sempre incazzato sui social, perché LUI LO SAPEVA che il Napoli non avrebbe vinto. Peccato che Spalletti abbia già il suo staff. Con l’aiuto di questi tifosi i 114 punti sarebbero ampiamente alla portata del Napoli.

Il tifoso “Playstation”. Parente strettissimo di quello tecnico. Lui dichiara in anticipo sui social la formazione che ritiene migliore, mette insieme giocatori alla rinfusa, pensando che il calcio vero sia come nella Playstation, in cui basta mettere in formazione i calciatori potenzialmente migliori per vincere. Infischiandosene dello stato di forma, dell’equilibrio in campo, degli avversari o di tutte le cose che solo un allenatore che osserva i propri uomini per sette giorni alla settimana può sapere.

Il tifoso “bollettaro”. Lui almeno una minima giustificazione ce l’ha. Oltre a fare il tifo per la propria squadra, fa il tifo per il proprio portafogli. Quando esisteva la schedina, e il papà ci chiedeva di aiutarlo a comporre almeno una colonna, guai a mettere la vittoria alle “squadre del Nord” o alle squadre “nemiche” in quella stagione. Era “paliatone” sicuro. Anche la schedina era un attestato di amore verso la propria squadra. Per il Napoli era sempre vittoria “perché se tengo 12 punti non posso pensare di diventare miliardario con una sconfitta del Napoli”. Ecco perché non si hanno notizie di tifosi del Napoli divenuti ricchi con il Totocalcio. Oggi è tutto diverso, il tifoso “bollettaro” esulta pure se la principale avversaria del Napoli vince, basta che lui ce l’abbia nella martingala. Non ne parliamo se poi mette il Napoli perdente. Lui se ne infischia, il giorno dopo mostra orgoglioso la propria bolletta vincente vantandosi di essere l’unico vero intenditore di calcio. Un tipo così non molti anni fa avrebbe rischiato il linciaggio, oggi diventa invece un punto di riferimento, soprattutto per la prossima tipologia di tifosi.

Il tifoso “fantacalcista”. Un po’ la summa dei tre tipi precedenti. Si ritiene molto tecnico, spesso gioca a Playstation e poi di solito ha anche una grande esperienza di “bollette”. Ha un ego infinito e aspetta il lunedì per mostrare agli amici la performance della sua fanta-formazione. Segue il Napoli in quanto tifoso, però sta tutto il tempo con lo smartphone in mano per sapere cosa fanno i componenti della sua fanta-squadra. Non si vergogna assolutamente di urlare a un gol di Dzeko o Vlahovic, oppure dopo un rigore parato da Handanovic, Szczęsny o Maignan. “Bbuono! O’ tengo o’ fantacalcio!”, è la sua autogiustificazione. Non molti anni fa tifosi simili avrebbero rischiato di essere passati per le armi.

Il tifoso “rivendicazionista”. L’ultimo della lista, ma in realtà è il più finto tra i tifosi. Le altre quattro categorie possono far sorridere, in fondo sono guidate tutte da un’innocenza di fondo. Il rivendicazionista no, lui tifa per sé stesso e per le proprie opinioni, spesso espresse ad inizio stagione sui social network e quindi incise nella pietra e mai più modificabili. È spesso creatore di gruppi social con slogan definitivi, siano essi favorevoli o sfavorevoli al Napoli. Il tifoso rivendicazionista si sente opinion leader, influencer di altri tifosi. Sovente si presenta come “responsabile di questo o quel gruppo Facebook”, quasi a dare un’importanza capitale alla propria opinione rispetto a quella altrui. Se ha avuto la scelleratezza di dichiarare che la stagione del Napoli sarà fallimentare non cambierà opinione neanche quando l’annata va a gonfie vele. Lui aspetta nell’ombra, scompare nel nulla quando la squadra va bene, riappare all’improvviso ad ogni mancata vittoria. Lui sa sempre dove sono le colpe, probabilmente la principale è sempre quella di non aver consultato lui durante il calciomercato, durante il ritiro precampionato e prima di ogni partita. Lui è la distorsione totale dell’essere tifoso. Non ha alcun titolo per esprimere opinioni più autorevoli di quelle altrui, ma spesso ha un seguito. Il perché resta un mistero.

Al di là dell’ironia e delle eventuali amare verità, la domanda sul perché il tifoso del ventunesimo secolo abbia subìto tale evoluzione non ha una risposta certa. Di sicuro quanto scritto da Massimiliano Gallo in quest’articolo è pieno di verità. Ci piaccia o no.

Non torneremo più quelli di prima, il calcio è cambiato e anche il modo di fruire dello spettacolo non è più lo stesso. Ma sarebbe bello se una volta ogni tanto facessimo i tifosi senza se e senza ma. Almeno fin quando il campionato non decreta le sue sentenze definitive.

Poi dopo magari decidiamo se vogliamo ancora amare incondizionatamente la nostra squadra, se vogliamo invece essere critici, o smettere addirittura di tifare.

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